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Il Concerto

Ed ecco sopraggiungere, in gruppo, tutti quegli altri strumenti che non avevano svolto le prove con questo maestro, ma con altri maestri. “Salve, maestro, eccoci qua!”. “Bene, bene... tutto a posto?”. “Sì, sì, maestro!”. E così tutti presero posto, a cominciare dal pianoforte, poi i violini, le viole e i violoncelli, le trombe e i tromboni, tutti gli archi, i bassi e i contrabbassi, i flauti, i clarini, i sassofoni, e poi gli strumenti a percussione: piatti, tamburi, timpani, gong, campane; e le arpe... e le cornamuse... “E voi, cosa ci fate qui?”. “Come potevamo mancare in questo concerto, maestro? Con i nostri sottofondi...”. “Sì... bene... prendete posto!”. Tutti così furono sistemati al loro posto; il maestro prese posto sul palchetto, e con la sua bacchetta picchiò tre volte sul leggìo, segnando così il via all’esecuzione. Cominciò, con un movimento in adagio, il pianoforte; poi, insieme con lui, suonarono i violini; poi, essi smisero

Arpa

“Ma... maestro, non le pare fuori luogo l’avermi convocata?”. “E perché mai?”. “Beh,sa... l’arpa, in mezzo a questi altri strumenti, non mi pare che ci faccia una gran bella figura: richiama i tempi antichi”. “Li recupera, vorrai dire. Ed è proprio per questo che ti ho convocata: tu sei la garanzia della continuità, del non rifiuto di ciò che è stato, della ripresa di ciò che è del passato, perché il futuro del concerto sia più autentico e non slegato dalla storia”. “Su questo sono d’accordo con lei. Ma il mio suono, la mia parte, come si inseriscono nell’armonia del concerto?”. “Il tuo stile inserirà nel concerto, mia cara, quel fascino e quel desiderio di essere ascoltato che tu certo puoi dare con quelle note dolci e sensuali”. “Ma... non penserà di mettere della sensualità nel concerto?!”. “E perché no? Dove suoni tu? Non lo sai che è un terreno sul quale tutti si mettono in ascolto, quello? Dalla sensualità poi tu li eleverai a un g

Tamburo

“Più batto, maestro, più mi sento abbattuto...sento il vuoto dentro di me, solo quello”. “Bene, bene”. “Come bene?! Così non posso suonare!”. “Già, proprio per questo è bene che ti accorga del tuo vuoto; è l’occasione per recuperare la pienezza di quello che puoi essere. Se non ci fosse questo vuoto che ti rimbomba dentro e ti dà fastidio, come potresti accorgerti che devi cambiare in meglio?”. “Ma... avrebbe potuto dirmelo lei, maestro!”. “Ma più che le mie parole, sono efficaci le tue: queste ti convinceranno maggiormente”. “E quali parole? Come possono venire parole convincenti da questo tamburo vuoto?”. “Sai... nella pienezza non c’è molta possibilità di aggiungere altri suoni; ma là dove c’è il vuoto, ci puoi mettere di tutto: anche il tuo suono, quindi. Smettila di cacciare via questo senso di vuoto. Accettalo, invece: è ciò che ti aiuta a recuperare il tutto”. “Non riesco più nemmeno a scandire il tempo con il mio battere...”.

Piatti

“Et-ci! Et-ci! Et-ci! Mi pare quasi di starnutire! E tutte queste prove a ripetere: et-ci!”. “Salute!”. “Eh, maestro, lei ci scherza sopra ma, vede, per me è questione del senso della mia esecuzione... Ma cos’è che ci ho trovato di tanto attraente in questo suono per dedicarmi con tutta la mia mente, le mie forze, con tutta la mia vita a questo: et-ci!”. “Penso che anzitutto ti abbia attratto il fatto di essere la metà di un altro”. “Eh?”. “Già, sei tu l’unico, tra gli strumenti che suoneranno nel concerto, a produrre un unico suono unendoti all’altra tua metà, all’altro piatto. Per te prima c’è l’armonia con tutti gli altri: ecco la caratteristica originale che ti ha fatto scegliere di suonare come piatto e non invece come uno degli altri strumenti”. “A questo non ci avevo proprio mai pensato, neppure lontanamente”. “Queste prove con il maestro sono essenziali per recuperare questi aspetti che da sempre hai dato per scontati, e propr

Contrabbasso

“Dai miei bassi, maestro, non emerge neppure una melodia...”. “Tu, contrabbasso, sei la base, il punto di riferimento delle melodie dagli altri; tu sei colui che permette alle melodie che si armonizzano di non rimanere lontano dalle situazioni, ma di incarnarsi, di avvicinarsi sempre più all’ambiente nel quale vengono eseguite. Tu dai la base, il fondamento sul quale la costruzione cresce con sicurezza; senza i tuoi bassi, la musica eseguita risulterebbe astratta ed infondata”. “Ma io, sento solo i miei bassi e nessuna melodia significativa”. “Mentre ora stai facendo le prove, caro contrabbasso, sentendo le tue note basse che si pongono qua e là, senza che nessuna melodia le rivesta, rifletti e considera come la musica non è per te: i tuoi bassi, pur tanto importanti, come ti dicevo prima, da soli non hanno senso. Essi perciò ti rivelano la tua identità: essere per gli altri e con gli altri. Altri strumenti, diversamente da te, possono s

Flauto

“Sa, maestro...a volte ho l’impressione di non essere neppure sentito”. “Se alludi al momento delle prove con tutti gli altri strumenti, questa tua sensazione può essere fondata; ma quando, ogni tanto,il concerto si ferma e solo tu sei chiamato a eseguire la tua parte, pur non avendo suono sostenuto come quello di altri strumenti, tu risalti come un richiamo, come il trillo dell’usignolo che nel silenzio richiama l’attenzione e ti avvolge con delicatezza per trasportarti nell’aria. E poi, non è affatto vero che nel concerto tu ti perdi: il tuo suono, eseguito in armonia con gli altri strumenti, pur non risaltando nell’insieme, tuttavia lascialo dire a me che sono il maestro, dona a tutto quanto il concerto quella leggerezza e quella delicatezza che senza di te non avrebbe. Con il tuo suono, ora eseguito con tutti gli altri, o eseguito da solo, tu rendi il concerto più grazioso, dai a esso quel tocco di preziosità e gentilezza che è la tu

Tromba

“Più chiarezza, più chiarezza in quelle note! Sono ancora un poco rauche... Non devi strombazzare, ma squillare: note chiare ed evidenti ben definite e precise... Mi sembra invece che dietro ci stia ancora un po’ di timore e di indecisione... o non è così?”. “Sì, maestro... le note devono essere più decise, me ne rendo conto, e proprio per questo ci metto più fiato, perché possano essere più forti. Ma ho paura di storpiare...”. “Devi suonare non con più fiato, ma con più testa: pensa alle note, mentre il tuo respiro le produce; e non pensare al fiato, se è troppo o se è poco. Squillare è come declamare: è un annuncio, una testimonianza, una proclamazione. Proprio per questo occorre avere ben chiaro in mente, per poter proclamare chiaramente”. “Schiarirmi le idee...”. “Sì, per non strombazzare a vuoto, per non starnazzare. Il tuo suono distinto e ben chiaro non è quindi sufficiente per dire o dare: devi avere prima ben chiaro in te stesso