Contrabbasso
“Dai miei bassi, maestro, non emerge neppure una
melodia...”. “Tu, contrabbasso, sei la base, il punto di riferimento
delle melodie dagli altri; tu sei colui che permette
alle melodie che si armonizzano di non rimanere lontano
dalle situazioni, ma di incarnarsi, di avvicinarsi sempre
più all’ambiente nel quale vengono eseguite. Tu dai la
base, il fondamento sul quale la costruzione cresce con
sicurezza; senza i tuoi bassi, la musica eseguita risulterebbe
astratta ed infondata”. “Ma io, sento solo i miei bassi e
nessuna melodia significativa”.
“Mentre ora stai facendo le prove, caro contrabbasso,
sentendo le tue note basse che si pongono qua e là, senza
che nessuna melodia le rivesta, rifletti e considera come la
musica non è per te: i tuoi bassi, pur tanto importanti,
come ti dicevo prima, da soli non hanno senso. Essi perciò
ti rivelano la tua identità: essere per gli altri e con gli
altri. Altri strumenti, diversamente da te, possono sentirsi
le melodie che essi stessi eseguono; ma ciò può essere
anche grande pericolo: crearsi l’illusione di poter rimanere
da soli, di non aver bisogno degli altri strumenti. Tu, in
questo aspetto, sei avvantaggiato, proprio perché le tue
note basse, suonate da sole, ti aiutano a capire che non è
possibile suonare per sé e da sé, ma che è necessario suonare
con e per gli altri”. “Lei ha perfettamente ragione,
maestro, in ciò che dice; ma i miei bassi, sentendoli, mi
rendono triste...”. “I tuoi bassi sono come quel piatto
vuoto destinato a ricevere tutte le pietanze più gustose;
non sono come i vassoi vuoti finiti per soprammobili. Su
te si poseranno le delizie della musica; tu sei la base, tutto
si costruisce su di te e su di te regge; senza di te ogni strumento
diverrebbe fragile e precario nel concerto. Tu sei un
po’ come il vecchio saggio nel paese: a lui tutti si possono
rivolgere e trovano appoggio e sicurezza... Lo vedi che
qualcosa di positivo esiste nel tuo suono?”.
“Sarà, maestro; ma io vorrei tanto avere una melodia
tutta mia, una sicurezza più evidente...”. “La tua sicurezza
consiste proprio nell’essere colui che rende sicuri gli altri
con il suo suono; ma come puoi pretendere di essere sicuro
con una tua propria melodia? Gli altri non avrebbero
più la possibilità di cercare da te; né tu ti renderesti più
disponibile per gli altri. Lo so bene che la sicurezza ti fa
comodo, ti dà piacere; ma pensa al fatto di ciò che tu vali;
tu per cosa sei, per cosa vali?”.
“A questo proposito, maestro, lo devo confessare che
sono ancora molto confuso nella risposta da darle”. “Ma
stai cercando la risposta?”. “Sì, maestro”.”Bene, allora
stai già rispondendo in te stesso; e non preoccuparti, se
non vedi chiara di fronte a te una risposta. L’importante è
che tu ti renda conto che il tuo suonare all’interno del concerto
è necessario e significativo per te e per gli altri”.
“Ma... posso continuare a suonare, con tutte queste incertezze?”.
“Sì certamente, perché la sicurezza non dà frutti e
non ne riceve... l’incertezza sì. Se tu sei incerto, puoi
migliorare te stesso e gli altri e da loro lasciarti migliorare;
ma se sei sicuro, questo non può avvenire. Puoi quindi
suonare con queste tue incertezze, perché nel concerto
comprenderai che esse sono una parte importante per te,
per gli altri strumenti e anche per chi ascolta”. “Suonare in
basso mi dà però la sensazione di dover stare giù, di non
potermi elevare a quelle altezze che la musica richiama, di
essere condannato a rimanere giù, in basso”.
“Ma, contrabbasso, non è così! I tuoi bassi permettono
agli altri di elevare quella musica che quanto più si innalza
verso l’alto, tanto più risulta essere di tutti e sempre
meno legata a uno strumento in particolare. Intendo dire
che essa è una vera musica, si eleva verso l’alto recando
con sé sì la caratteristica di ogni strumento, ma, quando
più gli strumenti eseguono insieme, essa diventa il prodotto
della loro esecuzione: solo così può innalzarsi verso
l’alto, verso l’infinito; slegarsi dal particolare strumento,
per diventare un’unica più grande realtà. Se tu esegui con
questo atteggiamento, anche se al momento la tua esecuzione
può sembrarti vuota e insignificante, tuttavia, fidandoti
di me come tuo maestro, potrai inserirti sempre più in
quel concerto che conduce te e gli altri verso le grandezze
e le altezze della musica; è ciò anche se tu sei un basso e
produci solo note in basso. Pensi forse che si apprezzerebbero
le note alte e l’altezza della musica, senza il tuo essere
basso? La tua presenza di basso mette ancor più in risalto
l’altezza alla quale il concerto è chiamato... non ti
pare?”. “Sì, maestro...ma, come contrabbasso, io appaio
sempre solo e solo in contrasto: io sono il contrapposto, in
negativo, delle altezze, delle note alte... vede che figura ci
faccio?”. “Perché figura? È l’immaginazione della tua
realtà, è l’essere te stesso: tu sei contrabbasso, colui che
mette in contrasto le proprie note con quelle più alte, per
far emergere ancor più profondamente il processo di
armonia nel concerto. E perché ne dovresti avere a male o
essere per questo triste e adombrato? Non lo sai che il tuo
contrasto è la via maestra per l’unione e l’armonia nel
concerto? Forse, piuttosto, sei tu che hai un’idea sballata
ed erronea del tuo essere contrasto attraverso i tuoi bassi:
il tuo non è affatto il contrasto distruttivo, ma quello attivo,
che costruisce: il contrasto dei tuoi bassi serve per non
rendere piatta e monotona la melodia nel concerto. È quindi
contrasto non per demolire, ma per costruire; esso produce
nuove armonie e permette al concerto di procedere,
in unità, non con l’appiattimento di tutte le note agli stessi
livelli, ma nella diversità di esse, salvandole nella loro
originalità. Se tutte le note nel concerto fossero unite e
uguali, senza più contrasto, come risulterebbe quell’esecuzione?
Uno schifo certamente. L’unità è sì la cosa più
importante, ma non può eliminare le diversità, anzi deve
evidenziarle, proprio perché esse divengano, nell’armonia
del concerto, le caratteristiche originali di ogni strumento
e del concerto nel suo insieme, di quel concerto e non di
un altro. E tu, come portatore di contrasti con i tuoi bassi,
hai quindi una parte molto significativa in tutto questo. Mi
capisci?”. “Beh, ora un po’ più di prima; mi si stanno rivelando
nuove considerazioni, maestro, sentendo le sue
parole; cose alle quali non avevo mai pensato neppure lontanamente
e che invece ora mi pare di intravedere come
realtà positive”.
“Sì... intravederle dentro di te e collegarle poi agli altri
strumenti: ecco che cosa ti mancava. Tu possedevi già
tutte queste positività, ma ti occorreva ora la spinta, l’occasione
per renderti conto di queste positività e quindi
poterne usufruire per il meglio. Questa occasione io, come
maestro, ho cercato di offrirtela, però il più devi farlo tu,
da adesso in poi”. “Sì, maestro. Mi pare di aver capito
soprattutto questo: che le mie incertezze le devo accettare
come parte di me e indirizzarle nel concerto armonicamente,
pure dove c’è la diversità; esse risulteranno essere
così le vere sicurezze per me e per tutti”.
“Già, proprio così. Vedi, caro contrabbasso... alle altezze
si giunge non solo partendo dall’alto, ma spesso anche
dal basso; anzi, partendo dall’alto, uno si può illudere di
essere già a livelli apprezzabili, e non cerca nemmeno più
di salire. Tu, contrabbasso, trasporti giù in basso tutti gli
strumenti, perché la loro spinta verso l’alto possa essere
veramente più significativa, più evidente e apprezzabile
da parte di tutti loro, e anche per chi ascolta il concerto”.
“Il mio suonare ora, maestro, mi pare già molto diverso: lo
sento più come una forza, una spinta dinamica per me e
per tutti gli strumenti; mi sento di essere come la freccia
che viene tesa prima indietro, nell’arco, per essere pronta
ad arrivare poi lontano”. “Sì, proprio in questo modo. Tu
non sei però la sua forza e la sua mira, per poter far centro,
per arrivare là dove è la meta, perché non succeda che
la freccia manchi il bersaglio”.
“...Il bersaglio... Ma dov’è questo bersaglio, dove si
trova, maestro?”. “Eh, caro mio, sarebbe troppo bello
saperlo prima. Prima invece, tu ti puoi esercitare fin che
vuoi, come stai appunto facendo con queste prove, con
finti bersagli, allenandoti nel coglierli in pieno... Ma, al
momento del concerto, il bersaglio non ti risulta così chiaro
e ben predisposto com’è adesso, durante le prove. Sarà
invece una sorpresa, ti coglierà di sorpresa; e se sarai ben
allenato a essere te stesso, arciere, colpirai quel bersaglio
magari solo intravisto; altrimenti...” “Altrimenti...?”.
“Il concerto, se tu mancherai il bersaglio, perderà di
tono e di intensità, e tu stesso ti farai la tua meritata brutta
figura!”. “Non è questione solo di un mio personale
allenamento, mi pare di aver capito...”. “No, no di certo. Il
bravo arciere, cioè, nel tuo caso, il buon contrabbasso, è
pronto non soprattutto per quanto riguarda l’esecuzione
personale, ma nell’insieme delle situazioni, per cogliere lì
il proprio ruolo e inserirsi così armonicamente accanto
agli altri. Sarebbe come dire: che ci starebbe a fare un pur
bravo arciere, ma stretto fra i carri armati? Non basta essere
un bravo arciere; occorre cogliere la situazione nella
quale inserirsi come tale. È questione allora di essere: o sei
un bravo arciere, o non puoi continuare a fingere di esserlo:
la situazione prima o poi ti travolgerà. Se sei un contrabbasso
e vuoi essere tromba, non suonerai mai bene né
come l’uno né come l’altra; se non sei contrabbasso, allora
stai fingendo con te stesso; smettila, e cerca ciò che sei;
se sei un contrabbasso veramente, accettati e scoprirai
sempre più nuove possibilità e nuove realtà positive per te
e per gli altri. Se però non ti accetti, ciò non potrà succedere”.
“Maestro, a questo punto sono davvero sconcertato:
non pensavo certo di avere questa funzione e con questa
grande responsabilità”.
“E vuoi tirarti indietro?”. “No, no, maestro. Questo mio
essere sconcertato è una realtà che mi crea sorpresa, che
quindi mi invita, che non mi porta a demoralizzarmi o a
disimpegnarmi. Ora che lei mi ha aiutato a rendermi conto
di tutto ciò, è cresciuto in questi momenti il desiderio di
essere sempre più un contrabbasso autentico, e nello stesso
tempo è più intensa anche la disponibilità a suonare con
gli altri, a ricevere le loro melodie, apponendovi la mia
caratteristica, per rimandarle nel concerto con il contributo
di ciò che sono, e certo, dal concerto anch’io riceverò...”.
“Riceverai molto, perché tu sei disposto a dare ciò
che sei e non ciò che fai. Riceverai dagli altri strumenti e
da tutto il concerto il frutto dell’esecuzione: la musica, che
ti rasserenerà sempre più profondamente e intensamente,
e accrescerà in te la tua identità e la tua originalità. Sarai
rivestito dalla musica di tutto il concerto: le tue note che si
erano perse in essa, ti verranno ridonate con un’anima
nuova, quella della musica, che è l’amore”. “L’amore?”.
“Già... Tutto ciò è ancora mistero per te, ma lo vivrai
presto. Per ora renditi conto del cammino verso di esso, le
mie parole si fermano qui, perché l’amore non si può spiegare,
ma soltanto vivere. Nel concerto, lo vivrai e allora
capirai più chiaramente quello che ti sto dicendo. Ti renderai
conto di essere nella realtà dell’amore, in modo sempre
più profondo, attraverso la musica del concerto; intanto,
preparati con queste prove, per giungere nel modo più
pronto all’esecuzione di quel giorno”.
“Ok, maestro”. Il contrabbasso si mise a suonare; e
man mano che le sue note basse entravano nell’atmosfera,
diventavano più morbide, più soffici e leggere; lasciavano
un’eco delicata, come una carezza, e mentre il maestro le
indirizzava con la sua bacchetta, il contrabbasso sorrideva,
meravigliandosi, e ammirando estasiato quel prodotto della
sua esecuzione, prima di allora mai sentito.