Pianoforte

“Può andare così, maestro?”. “Certamente meglio di

prima, e l’esecuzione è esatta, non c’è che dire, non hai

sbagliato una nota. Ma ci manca qualcosa”. “Cosa maestro?

“. “Senti, prova a rifare il pezzo facendo più attenzione

alla mia bacchetta; ti guiderò nel capire che cosa

voglio da te”. “Bene, maestro, ricomincio”.

Dopo le prime note il maestro con la bacchetta già faceva

segno di metterci più intensità; le note si accentuarono

di più, e il maestro, soddisfatto, riprese a scandire il tempo

con la bacchetta. Ondeggiandola poi di fronte al pianoforte

egli rese più dolci quei suoni che risultavano essere

sovrapposti e troppo secchi... ora diventavano più morbidi

e scorrevano adagio, recando un’emozione piacevole.

Là dove il brano richiedeva più rapidità nell’esecuzione

il maestro si era messo in attento ascolto di fronte alle

molte note che gli scorrevano dinanzi veloci, per potersi

accertare che vi fossero tutte e che nessuna di esse venisse

o tralasciata o anche soltanto trascurata nel momento

dell’esecuzione. Agitava così in un breve spazio quella

bacchetta su e giù, finché segnò il finale con un colpo

deciso e più ampio. “Maestro, che le pare ora?”. “Vedi,

carissimo, è già molto di più ora il risultato, rispetto a

prima. Ora ti sei lasciato guidare da me, e il tuo risultato

si è arricchito: l’esecuzione è stata più ampia e meno personalistica,

quindi rende molto più di prima la realtà della

musica, questa grandezza che noi appena riusciamo a

esprimere in queste esecuzioni. Tieni presente che ora

questa esecuzione l’hai svolta da solo, mentre sei destinato

a suonare con gli altri, per cui dovrai migliorare ancora,

tenendo presente durante l’esecuzione non solo la mia

bacchetta, ma anche la musica degli altri strumenti.

Certo,dopo di me, tu sei il direttore, la guida nel concerto;

il tuo suonare è di riferimento e di stimolo nell’esecuzione

degli altri. Molto dipende quindi da come tu vivrai la

tua partitura”. “Dovrei quindi avere sempre gli occhi

rivolti a lei e le orecchie rivolte a tutti gli altri...”. “Già...

E sarà poi nel dimenticare te stesso che saprai eseguire

evitando di concentrarti, di pensare alla tua personale esecuzione,

mentre la cosa più importante invece è il vivere

nell’insieme,nel concerto, questa tua realtà”. “Ma mentre

sto suonando io mi accorgo di produrre anche una sensazione

di piacere che mi appaga; quindi come posso dimenticarmi

di me stesso?”. “Ecco, il pericolo è quello di attaccarti

a questa sensazione di piacere, di renderla solo tua,

mentre il suo destino è di essere per il concerto. Se ti

aggrappi a questa musica che produci mentre la esegui,

rovini te stesso, ed anche il concerto ci va di mezzo.

La tua musica è giusto che ti dia serenità mentre la stai

producendo, ma questa serenità non deve mai tramutarsi

in un attaccamento, in una sensazione che si restringe soltanto

a te”. “Se ho ben capito maestro, la musica deve passare

attraverso di me e non restare a me...così?”. “Sì... e tu

sei lo strumento del passaggio; certo, come ti dicevo, uno

strumento importante... Un po’ come l’elefante per il

circo; un simbolo, un richiamo, il più importante, che da

solo nel circo non ha senso, ma nell’insieme acquista

importanza, e fa risaltare tutto il circo, nel nostro caso il

concerto. Ed è certo importante eseguire perfettamente,

dal punto di vista tecnico, l’esecuzione; ma è più importante

avere il senso di essa”. “A proposito dell’immagine

dell’elefante... eh, già, io sono anche il più grosso e il più

ingombrante tra questi strumenti”. “Già, ma questo indica

anche la tua solidità e la tua centralità all’interno del concerto...

Non guardare solo il negativo.

Beh, sei il più tentato a metterti in mostra, è vero; però

ciò non implica il risultato negativo. Se sei così, accettati

come sei e sii sereno del tuo stato; non pretendere di essere

diverso, né che gli altri ti considerino in più o in meno

di quello che sei.

E ora, lascia perdere per un attimo lo spartito e improvvisami

qualcosa; fammi sentire qualcosa inventato da te,

qui al momento”. “Ma , maestro, io non lo so fare... Io so

soltanto eseguire, come mi hanno insegnato, seguendo lo

spartito, non seguendo la mia fantasia”. “Beh, questo è un

altro aspetto che devi riprendere in considerazione, se vuoi

che il tuo suonare abbia un pieno significato. Prima ti ho

detto che è importante che tu ti perda nella musica... Sì, ma

tu: tu con la tua originalità devi perderti, non un tu impersonale,

non un esecutore qualunque; uno che la musica la

vive, gustandola personalmente.

Solo così quando ti perderai nel concerto otterrai successo

e il massimo del risultato”. “A questo punto, maestro,

mi sento enormemente inadeguato a svolgere il compito

che mi è stato affidato nel concerto. Mi accorgo sempre

più di essere mancante e impreparato, non dal punto di

vista tecnico, ma nel mio stesso essere... non me la sento

più ora di eseguire ciò che non sono”. “E quando penseresti

di essere pronto per questo? Non lo sarai mai! Quando

potresti dire di essere in sintonia tra ciò che sei e ciò che

esegui? Mai... Però è l’essere in ricerca di ciò: è questo

che importa! Tu prima non eri in questa prospettiva di

ricerca, per cui saresti veramente stato inadeguato; ma ora

che stai comprendendo le tue inadeguatezze e i tuoi limiti,

quelli di fondo, che stanno alla base del tuo esistere, ora

che li vedi superare, già il voler fare questo ti mette in condizione

di essere pronto a eseguire. Noterai il divario che

esiste fra te e la profondità della musica, ma vedrai anche

le immense e inaspettate possibilità che possiedi in te stesso.

Tu cerca pertanto di disporti a esse, non aspettarti solo

il negativo nelle tue considerazioni.

Guarda perciò alle tue possibilità... e sei pronto per eseguire

qualunque concerto. Ricordati anche questo: chi

ascolta la tua parte non è in attesa di ricevere una esecuzione

perfetta: per questa basterebbe un oggetto meccanico!

Chi ti ascolta si attende di poter gustare, attraverso la

tua perfetta esecuzione, qualcosa di molto più grande, a

cui la musica conduce.

E tu per lui sei un aiuto, una guida; un’occasione che

dai a chi ti ascolta per incontrare qualcosa di grandioso,

che neppure tu sperimenti pienamente, pur essendovi più

degli altri vicino”. “Non pensavo affatto che il mio suonare

fosse una realtà che potesse avere risvolti tanto grandi...”.

“La grandezza della musica sta proprio in questo:

nel condurre a realtà infinite e misteriose, e proprio per

questo affascinanti. Se non fosse così, non sarebbe musica

autentica. E il mondo oggi è pieno di esecuzioni e vuoto

di musica, e così non ci dà più l’occasione di renderci

conto di essere qualcosa di grande, proiettati all’infinito.

La tua esecuzione può essere un aiuto a superare questi

limiti e diventare un gradino per salire, o almeno per rendersi

conto che c’è una scalinata e non semplicemente un

gradino da fare e poi fermarsi”. “Cosa vuol dire, maestro,

quando parla di realtà affascinanti?”. “Intendo sottolinearti

che se la tua esecuzione suscita apprezzamento soltanto

per la sua perfezione, per la tecnica e per la mancanza di

errori , ciò non basta assolutamente! Devi poter trasmettere

il fascino, il mistero: questo è ciò che più conta dello

strumento, dello stesso concerto.

Chi ascolta deve sentirsi invogliato a gustare, a sperimentare

ciò che tu stai provando mentre esegui; è questione

di trasmettersi una grande sensazione che si accompagna

a una esperienza: questo deve avvenire tra chi ascolta

e chi esegue. Se ciò non avviene, a che serve aver eseguito

anche il più perfetto dei concerti? A nulla! Tutto resterà

tale e quale, come prima; anzi, peggiorerà; sì, perché chi

ascolta resterà sempre più fissato nei suoi schemi di ascolto,

nei suoi atteggiamenti e nelle proprie opinioni, mentre

chi esegue si isolerà sempre più nel suo tecnicismo e in

quella perfezione che lo allontanerà maggiormente dal

mondo e dagli altri... e questa ti pare una cosa positiva?”.

“No, no certamente, maestro.

Lei pensa che io ce la possa fare a trasmettere quello

che lei ora mi sta dicendo?” “Dipende da te. Qualche consiglio

ti è stato dato da parte mia; ma, sai, i consigli valgono

fino a un certo punto. Se però tu ti convinci dell’utilità

di questo metodo e dei valori che ci stanno dietro, certo

non farai fatica a metterlo in pratica, anzi diventerà per te

una cosa naturale, che si propagherà anche attorno a te.

Però per questo occorre che tu, ogni tanto, ti lasci

accordare con pazienza, riconoscendo che le note che produci

tendono a diventare imperfette senza l’accordatura

adeguata. Riconoscere che hai sempre bisogno di qualcuno

che ti dia la ritoccatina ogni tanto, per risistemarti e

darti la possibilità di rendere nel migliore dei modi, al

massimo. Il fatto di sentire che non sei perfetto e che con

il tempo le tue note perdono intensità se non vengono controllate,

ciò ti dà la possibilità di non inorgoglire di fronte

ai successi delle esecuzioni, di non pensare che a un certo

punto ti puoi ritenere arrivato all’esecuzione perfetta, che

hai raggiunto la situazione ottimale e quindi sei “lo strumento

ideale”.

Il tuo bisogno dell’intervento da parte degli altri per

mantenerti in efficienza ti dà la possibilità di scoprirti

quello che sei: strumento tra gli strumenti, uno dei tanti;

importante, ma non l’assoluto; valevole, ma non l’ideale.

Se non avessi bisogno di questi interventi, potresti illuderti

di essere tu il meglio e il massimo; renderesti in questo

modo sempre meno vero il tuo suonare; non più come

momento di elevazione dello spirito, ma solo espressione

della tua ricerca di piacere, dei tuoi progetti, di te stesso.

Ma anche la tua autonomia e originalità devono crescere

insieme alla mia presenza che guida. Il mio esserti guida

diventerà sempre più efficace quanto più cresceranno la

tua autonomia, la tua originalità, il tuo personale e inconfondibile

modo di eseguire... Altrimenti, non avrebbe

senso la mia presenza. E ora, prova a rieseguire la tua

parte tenendo presente tutto ciò che ci siamo detti...

Vedrai, scoprirai tante realtà nuove”. Certo, rifare ora la

parte è tutta un’altra cosa: si riscoprono cose impensate, si

gustano esperienze inattese, si sente che la musica vale più

di ciò che credevi... Soprattutto che non è solo musica, ma

qualcosa di veramente molto più grande, che si riesce

appena a sentire e gustare durante l’esecuzione in vista del concerto.

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