Tromba

“Più chiarezza, più chiarezza in quelle note! Sono

ancora un poco rauche... Non devi strombazzare, ma

squillare: note chiare ed evidenti ben definite e precise...

Mi sembra invece che dietro ci stia ancora un po’ di timore

e di indecisione... o non è così?”. “Sì, maestro... le note

devono essere più decise, me ne rendo conto, e proprio per

questo ci metto più fiato, perché possano essere più forti.

Ma ho paura di storpiare...”. “Devi suonare non con più

fiato, ma con più testa: pensa alle note, mentre il tuo respiro

le produce; e non pensare al fiato, se è troppo o se è

poco. Squillare è come declamare: è un annuncio, una

testimonianza, una proclamazione.

Proprio per questo occorre avere ben chiaro in mente,

per poter proclamare chiaramente”. “Schiarirmi le idee...”.

“Sì, per non strombazzare a vuoto, per non starnazzare. Il

tuo suono distinto e ben chiaro non è quindi sufficiente per

dire o dare: devi avere prima ben chiaro in te stesso il messaggio”.

“Ma il mio suono è di per se stesso già ben chiaro...”.

“Il suono sì, ma il messaggio no. Puoi suonare

anche con tutto il fiato che hai, senza che gli altri ricevano

nulla; il tuo suono sarebbe forte sì, ma soltanto per

nascondere la debolezza del tuo messaggio. Di fronte agli

altri sembreresti un buon strumento, ma poi ti riveleresti

futile, più di tutti gli altri; più altisonante e anche più

vuoto... e il tuo vuoto sarebbe in questo caso più evidente

in confronto di tutti gli altri strumenti”. “Perché?”.

“Perché essi il loro messaggio lo proclamavano con

discrezione; tu invece apertamente, con un tono più appariscente.

Se quel messaggio risulta vuoto e inconsistente,

per loro è uno smacco; ma per te, che lo suonavi così forte,

sarà uno smacco maggiore”. “Che fare per evitare questo,

maestro?”. “Il silenzio: partire con il silenzio”. “Suonare

con il silenzio?”. “Sì, cioè col non suonare”. “Ma... è proprio

necessario non suonare?”. “Certo, proprio per poter

poi squillare meglio il tuo messaggio. Non suonare ora è

prepararsi, sgranchirsi la voce, mettersi nell’atteggiamento

e nella disposizione buoni per iniziare a suonare poi. Se

parti subito, anche dopo tutto l’allenamento e le prove

fatte, non renderesti mai così profondamente ed efficacemente

come con il silenzio. Occorre far tacere ora la tromba,

per poterla far squillare meglio in seguito”. “Ma riuscirò

più a farmi sentire, maestro?”.

“Per farti sentire devi prima ascoltare te stesso: le tue

capacità, le tue possibilità e le tue responsabilità. E il

silenzio ti aiuta in questo; quel silenzio che tu ritieni una

inutile perdita di tempo, e riterresti più utile utilizzarlo per

ripassare la parte. Tu che sei uno strumento a fiato dovresti

ben comprendere che prima di emettere un respiro efficace

occorre raccoglierlo con l’inspirazione... l’ispirazione,

ecco: il silenzio per raccogliere tutto quanto, prima di

iniziare”. “Questo silenzio come condizione per poter rendere

efficace il mio suonare, mi risulta ancora difficile

considerarlo un realtà positiva, maestro”. “ Eh, già:perché

tu vuoi una musica fondata sulla potenza, sulla efficacia

intesa come fortezza, sull’impronta forte, e non invece

sull’ascolto. Hai paura che non ti ascoltino, che non ti

apprezzino se nella tua musica non c’è potenza... non è

così? La tua musica deve essere ascoltata perché vale; e se

vale, non devi essere tu a preoccuparti di farla valere: essa

è già un valore! Tu devi solo essere un buon strumento,

cioè uno strumento adatto a far sì che questo valore passi,

sia trasmesso, attraverso l’esecuzione”. “Ma... se non lo

apprezzano?”. “Significa forse che tu non lo stai apprezzando

in profondità. Ecco allora che il discorso circa la

musica che esegui non chiama mai prima di tutto in causa

gli altri, ma te stesso, in prima persona; la musica non ti

separa dagli altri mettendoti sopra di essi, né ti estranea

dagli altri, mettendoti lontano da loro, ma ti pone in mezzo

a loro per vivere insieme una stessa immensa esperienza...”.

“Quale, maestro?”.

“Quella che tu scopri, poco per volta, suonando, e che

anche gli altri attraverso di te scoprono, poco a poco,

ascoltando; e che insieme noi gustiamo e sentiamo sempre

più profondamente attraverso il concerto: una realtà

immensa e misteriosa, alla quale ora tu come singolo strumento

ti stai avvicinando e ti avvicinerai ancora di più

insieme con gli altri, eseguendo la stessa musica. E se tu

possiedi un suono squillante, deciso e incisivo, questa è

una grande dote e comporta anche una grande responsabilità”.

“Perché responsabilità?”. “Perché la tua originalità

non la devi vivere per te, per il piacere di sentirti nel suonare;

all’interno del concerto ti è affidato il compito di

incitare, di spronare gli altri strumenti, che riceveranno

dalle tue note squillanti sprone e stimoli per rendere il

concerto più vivo e più gioioso. Proprio per questo il tuo

compito è importante: sei tu che ci aiuterai, quanto più

saprai essere tromba. Tu hai la grande responsabilità di

aiutare il concerto a mettersi meglio in movimento, a danzare,

a non rimanere fermo in te stesso, chiuso nei confini

di una musica eseguita lì, nell’ambito in cui il concerto si

svolge,ma aprendosi, incitato da te, allargando sempre più

i confini della musica che insieme stiamo eseguendo”. “ Il

concerto allora diventerà sempre più grande e importante...”.

“E tu insieme verrai trasportato in questo movimento

che si estende sempre più lontano; il tuo essere tromba

proverà un respiro sempre più profondo e intenso:un silenzio

che si accompagnerà a un suono sempre più squillante

e significativo”. “Il concerto, lei mi sta dicendo, sarà un

arricchimento reciproco”. “Sì, perché tu darai la tua musica

agli altri; nello stesso tempo riceverai dagli altri il senso

della musica, perché imparerai ad ascoltare anche gli strumenti

diversi da te, a suonare in armonia con loro, a dosare

l’intensità della tua musica, a sentirti immerso e compagno

delle musiche degli altri. Ciò arricchirà notevolmente

il tuo senso della musica”.

“Le vostre parole, maestro, si stanno avverando già fin

da ora: infatti comprendo sempre più che per me l’importante

non è suonare forte e deciso accentuando la potenza

del mio suono, ma soprattutto vivere chiaramente in me la

realtà di suonare come tromba”. “E il tuo senso della

musica allora cresce perché comprendi che esso non è

questione di gridare per farti sentire a tutti i costi, ma di

dire chiaramente, soprattutto di dire quello che vivi. Il

senso della musica che ora stai per apprendere è proprio

questo: l’accorgersi che la tua musica è la tua vita, non è

un prodotto fuori da te, ma sei tu che cerchi di trasmettere

con una disponibilità sempre maggiore ciò che la musica,

attraverso di te, porta agli altri e al mondo intero. Il tuo

fiato è il respiro che né si perde né si sovrappone alle altri

voci, agli altri suoni, ma che si accompagna armonicamente

a essi, creando intesa fra tutti gli strumenti, per

poter accedere a quel grande, immenso mistero che è ciò

che sta oltre la musica. E la tua musica sarà ben eseguita

se,vivendola nel contesto del concerto, saprai armonizzarla

con quella di tutti gli altri, per la ricerca di quella realtà

sorprendente e misteriosa che si trova appunto oltre la

musica che noi eseguiamo”.

“Lei, maestro, questa realtà la conosce?”. “Sì, ma non

te la posso spiegare con le parole: sarebbe inutile, anzi,

controproducente. Vorrei invece che fossi tu stesso a trovarla,

guidato da me, ad assaporarla, perché poi in te cresca

sempre più la voglia di cercare ancora,di suonare con

questo desiderio sempre più profondo di accogliere in te

questo mistero, di farti tu stesso specchio di questa realtà

misteriosa”. “Che intende dire, maestro? Non capisco...”.

“Che a un certo punto tu fai un salto di qualità: da semplice

esecutore trombettista, a una tromba vera, originale,

singolare; a un certo punto non sei più soltanto colui che

esegue, com’eri prima, ma ti accorgi che, aiutato da tutti

gli altri strumenti, tu diventi un portatore di mistero, un

conduttore di questa misteriosa e sorprendente realtà per

chi è in ascolto durante l’esecuzione.

È la musica che ti conferisce questo compito, che ti

contagia di quel senso di mistero e di fascino che essa

porta con sé, e così ti assimila, via via che la esegui, alla

sua immensità”. “Ma come posso avvertire questo passaggio,

quando in me avvenisse?”. “Beh, tu segui il maestro:

io sono la tua garanzia; tu confrontandoti con me, con la

mia guida, ti rendi conto se stai eseguendo secondo giuste

direttive oppure se stai uscendo di strada, dalla possibilità

quindi di fare il passaggio. Il maestro ti aiuta proprio in

questo:a indirizzarti meglio verso questa profondità di

mistero, quindi a essere certo che sei sulla strada per

poterlo fare e che non stai strombettando per tuo conto,

inutilmente”. “E quando, secondo lei, maestro, io sarò

pronto per questo passaggio?

Quanto tempo ci vuole perché io possa fare il passaggio

da questa semplice esecuzione all’essere vero e proprio

strumento,in grado di comunicare quella grandezza

della quale lei mi sta parlando?”. “Già e mai sei pronto. Lo

sei già, in quanto sei in cammino per poter esserlo, ti stai

già lasciando guidare da me, sei già disponibile ad ascoltare

gli altri, quindi sei già sulla via del passaggio. Ma è

anche un passaggio non ancora e mai compiuto; non finito,

ma infinito: richiede pazienza e molta, molta fiducia

nel maestro, anche quando le cose sembrano portare alla

sfiducia e al desiderio di aggrapparsi all’evidenza dei fatti,

piuttosto che abbandonarsi al rischio della fede. E mai

questo passaggio si conclude, pur essendo già in atto. Sarà

un accorgersi sempre più di questo passaggio e questo ti

darà la possibilità di essere in grado di compierlo;e tu, te

ne stai rendendo conto, ora.

Ma mai, mai, te lo ripeto, potrai dire che il passaggio si

è concluso. Se lo facessi, finiresti per negare te stesso, la

musica, il concerto; toglieresti non solo a te stesso, ma

anche agli altri, la possibilità di entrare a fare parte viva

del mondo misterioso e sorprendente di quello della musica

che tu ora stai già, proprio in questo momento, iniziando

a scoprire e a gustare in modo profondo, sempre più”.

“Che c’è di più grande della musica, maestro?”. “Come

potrei risponderti, se non sappiamo fin dove essa ha i confini,

anzi, se ha dei limiti? E poi, che senso avrebbe la mia

risposta? Nulla e nessuno può darti risposta, tranne te”.

“Ora inizierò a suonare... maestro, mi guidi”. “Volentieri”.

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