Il Concerto
Ed ecco sopraggiungere, in gruppo, tutti quegli altri strumenti
che non avevano svolto le prove con questo maestro,
ma con altri maestri. “Salve, maestro, eccoci qua!”. “Bene,
bene... tutto a posto?”. “Sì, sì, maestro!”. E così tutti presero
posto, a cominciare dal pianoforte, poi i violini, le viole e i
violoncelli, le trombe e i tromboni, tutti gli archi, i bassi e i
contrabbassi, i flauti, i clarini, i sassofoni, e poi gli strumenti
a percussione: piatti, tamburi, timpani, gong, campane; e le
arpe... e le cornamuse... “E voi, cosa ci fate qui?”.
“Come potevamo mancare in questo concerto, maestro?
Con i nostri sottofondi...”. “Sì... bene... prendete posto!”.
Tutti così furono sistemati al loro posto; il maestro prese
posto sul palchetto, e con la sua bacchetta picchiò tre volte
sul leggìo, segnando così il via all’esecuzione. Cominciò,
con un movimento in adagio, il pianoforte; poi, insieme con
lui, suonarono i violini; poi, essi smisero e toccò ai flauti, da
soli, che intonarono un invito a tutti gli altri strumenti che, gli
uni dopo gli altri, presero a suonare fino ad eseguire tutti
insieme, sempre più intensamente e con un tempo via via più
veloce. A un certo punto io non sentii più nulla. Il maestro
continuava sì a dirigere con la sua bacchetta, e gli strumenti
continuavano a svolgere i loro movimenti... ma non giungeva
più nessuna nota ai miei orecchi, nessun suono. Scrollai
istintivamente la testa, come per togliermi di dosso quella
che ritenevo essere un’illusione... niente!.
Frullai per un attimo con il mignolo nella cavità dell’orecchio,
pensando che si fosse per caso otturato... niente!.
Osservai di nuovo quel concerto ora solo visivo, e mi incantai
a ripensare alle parole dette dal maestro ai suoi strumenti:
“Non è l’esecuzione la cosa più importante... al di là bisogna
andare...’oltre’!”. E capii allora che dovevo lasciarmi
distrarre, non porre più la mia attenzione a quegli strumenti
che suonavano, ma alla musica: “...Non alle note... alla musica!”
diceva il maestro. Ma sì! Ora riesco a comprendere che
l’importante della musica non è l’attenzione ma proprio il
distrarsi, lasciandosi guidare dagli strumenti... E questa
distrazione dove mi sta conducendo, ora? Ora gli strumenti
si sono fermati, non eseguono più alcun movimento; e il
maestro si è volto verso di me. Mi guarda con il sorriso, e con
la sua bacchetta batte tre colpi... Via! Ora tocca a me! ...Ma
cosa suono? Non ho strumenti!... Ma sì!... Sono io lo strumento:
lasciarmi distrarre da quella bacchetta... sì, sì, così!.
Ora anche la bacchetta, e con essa il maestro, sono scomparsi;
rimane solo la mia melodia, che si va via via spegnendo...
Ora è silenzio: tutto tace, dentro e fuori. Questo silenzio tanto
importante e necessario giunge ora a me, che sono uno strumento
nel concerto, accanto a tutti gli altri strumenti. E tutti
gli strumenti, ora lo comprendo, sono le occasioni per condurmi
qui, di fronte a me stesso, dove ora tutto tace, tutto è
vuoto... È la crisi: quella crisi positiva della quale il maestro
parlava... Della quale non aver paura, ma da accettare con
piena disponibilità. Ora lo sento, questo silenzio... lo guardo...
lo considero... ecco, sono io: il nulla, il vuoto. Tutto cade
di fronte a questo silenzio; nulla rimane in piedi. Passo in rassegna
ogni realtà importante per la mia vita, ogni persona
cara, ciò a cui mi sento particolarmente legato... e qui, tutto
cade, e si perde... Resta solo lui: il silenzio.
“...Io?! ...”. Sì, ora tocca proprio a me il compito di maestro,
di guidare la sinfonia, il concerto. Ma... che fanno gli
strumenti?... Mi osservano e sorridono. “Che c’è?...”. Va
beh... non sono proprio pronto, ma d’altronde... No, forse...
Mi riguardo in questo silenzio e comprendo: non verso gli
strumenti, ma verso la musica, lì devi dirigere! Non le note
le più importanti, ma la musica, diceva il maestro. Già... ma
dov’è la musica, da che parte?... Mi guardo attorno: niente!
Nessuno sa che cosa sia la musica. Guardo di nuovo a tutti
gli strumenti, ed essi ancora mi osservano e sorridono. “...Io?
...”. Sì... il maestro: io... che ha in sé la musica... proprio io?...
Come?... Ma se non c’è nulla in me!... Solo silenzio...? Gli
strumenti annuiscono tutti, in coro: “In te!”. Batto allora tre
colpi... ed ecco! Parte davvero la musica! Non viene proprio
dagli strumenti: viene da me stesso, dal mio silenzio; e io
adesso la sto dirigendo, questa musica, verso gli strumenti,
con la mia bacchetta. Essi, ad uno ad uno, si animano, suonano
di nuovo; li sento, ora... ed ecco, adesso, tutti insieme,
nel concerto, la sinfonia. Mentre tutto questo sta avvenendo,
mi rendo conto di essere il maestro; qualcosa di immensamente
grande entra in questo mio silenzio e si trasforma in
musica. E io trasmetto le note, l’esecuzione, la musica a tutti
quegli strumenti. Loro, proprio loro, mi hanno guidato ad
essere il maestro, mi hanno condotto alla musica; ora io
riporto questa musica ad essi, attraverso di me... Sono lo strumento
degli strumenti, il maestro. L’esecuzione continua, in
questo momento; e non saprei d’altronde come farla smettere,
e pare procedere da sola; non richiede da parte mia alcuno
sforzo: solo silenzio. Ma da dove proviene dunque questa
musica?... Mentre ora i flauti eseguono una romantica melodia,
osservo dentro di me questo silenzio, che cosa sia veramente,
da dove provenga; ma non vedo nulla: tutto è buio.
Allora continuo, come prima, serenamente, a trasmettere
questa direzione, a lasciarmi guidare... ed ecco! Ora sento...
sì, mi accorgo e mi convinco che c’è qualcosa di più grande
delle note, dell’esecuzione, della musica stessa del concerto.
Le trombe hanno iniziato ora la parte solenne dell’esecuzione,
accompagnate dall’intensità dei suoni di tutti gli altri strumenti.
Mi chiedo: ma cos’è questa grandiosa realtà che si
nasconde dietro di me?... La bacchetta intanto continua a
dirigere, e ora sempre più velocemente, annunciando la parte
finale dell’esecuzione; tutti gli strumenti intervengono in
modo sempre più intenso.
Non riesco però a capire se sono io che sto cercando questa
realtà o se è questa realtà che mi cerca, attraverso questa
musica... Sembra che da un momento all’altro ci si incontri...
ma quando c’è la sensazione profonda di questa vicinanza...
toh, si è daccapo, a cercarsi ancora. Sembra quasi un gioco;
e la musica del concerto prima pare unirci, poi ci fa allontanare
ancora... Osservo gli strumenti, e li vedo tutti intenti
nelle ultime note solenni annunciate dalla mia bacchetta: tutti
insieme, intensamente, scandendo bene ogni nota, si giunge
ora a un unico ‘do’, sul quale la sinfonia si posa e rimane per
un poco, finchè, con il colpo finale della bacchetta, tutto tace.
“Bene! Ottima esecuzione!”. Mi guardo attorno, per vedere
chi mi ha parlato; non c’è nessuno. “E che?... adesso, non
sarò stato io a parlare!”.
“Sì... proprio io!”.
“Io?!...”.
“Io!”.
“Io... chi?”.
“Tu, chi sei?”.
“Io sono io!”.
“Io sono”.
“Ma sono io che parlo!”.
“Sì... e così, io sono!”.
“Non capisco...”.
“Non si tratta di capire, ma di comprendere”.
“E non è forse la stessa cosa?”.
“No: comprendere: prendere con te!”.
“Ma io... non sono io, e basta?”.
“No: tu sei una realtà molto più grande di te”.
“...Le note... l’esecuzione... la musica, il maestro...tu...tu sei
il Maestro!”.
“Sono io, che ti parlo”.
“Ma com’è allora, che sono sempre io che parlo?”.
“Io parlo in te attraverso la musica che hai eseguito”.
“La musica... è dunque lei che ci ha fatto incontrare?”.
“No, non la musica: l’amore per la musica”.
“L’amore...”.
“Sì, l’amore”.
“Sei questo, tu: amore?”.
“Sì, maestro”.
“Maestro?... Maestro... a me? Ma non sei tu il vero
Maestro?”.
“Già. Che ora, nel silenzio che la musica ti ha portato, è in te,
e ti ascolta”.
“...Un’unica persona?... Siamo un’unica...?”.
“Sì”.
“La stessa...?”.
“No. Diversi, ma uniti, una sola realtà”.
“Com’è possibile?...”.
“Tacendo, dopo l’esecuzione del concerto”.
“Ma non era allora nemmeno il concerto la realtà più importante”.
“No. Tutte realtà belle, ma relative”.
“Le note, gli strumenti, le partiture, l’esecuzione, il concerto,
la sua musica... tutte relative... a te?”.
“Sì: a te”.
“E il silenzio?”.
“Anche questo: esso ti indica che noi, pur essendo uniti, non
ci possiamo ancora totalmente incontrare”.
“Cosa significa?...”.
“È un invito a suonare ancora, più profondamente e più intensamente,
per costruire questa unità e viverla in te”.
“Fino a quando?”.
“Fino a che questa unità sarà perfetta: quando non esisterà più
il silenzio, ma solo la nostra unità: l’amore”.
“...E gli strumenti?”.
“Tutti gli strumenti allora entreranno, come te, in questa
unità”.
“...E come avverrà questo?”.
“Il silenzio, approfondendosi sempre più, diverrà infinito, trasformandosi
in unità d’amore tra noi tutti”.
“È il silenzio dunque il più vicino alla nostra unità?”.
“Sì: è lui: ecco perché è importante che tu ora lo viva: esso ti
incammina verso questa nostra unità”.
“...Attraverso la musica?”.
“Attraverso tutto ciò che a questo silenzio è collegato”.
“Silenzio; certo, è tutta una realtà da riscoprire... Devo iniziare
subito a viverlo, ora, per approfondire questa via di unità
d’amore”.
E mi posi di nuovo in questo atteggiamento di silenzio...
“Da capo, maestro, dai tre battiti della bacchetta...”.